Quale migliore occasione per ragionare di Fisica che trovarsi lungo una dolce montagna, su una bici che scivola senza pedalare lungo una discesa? A dir la verità, mi è capitato di guardare display della bici subito prima di scendere e appena arrivato in fondo, non mi aspettavo una discesa così ripida: l’idea di trasformarlo in un esperimento è venuta in seguito (mi sono fermato per segnarmi i dati sul telefono… e poi l’ho elaborati qualche mese dopo!).
La domanda pretesto è stata: “Accidenti, ma quanto era alta questa discesa?”. Gli unici dati a disposizione sono:
- la velocità \(v_1\) all'inizio della discesa
- quella finale \(v_2\) in fondo
e quello che voglio conoscere è l'altezza da cui sono sceso. Con solo questi dati mi debbo affidare ad uno dei principi più importanti della Fisica: la…
Conservazione dell'energia
Il sistema composto da me e dalla bici, all’inizio ha una parte di energia dovuta al fatto che si sta muovendo (energia cinetica \(K_1\)) e una parte dovuta per il fatto che si trova lì, in alto rispetto al fondo della discesa (energia potenziale \(U_1\)). L'energia meccanica totale del sistema è
\[E = K_1 + U_1\]Quando arriviamo in fondo alla discesa, non possiamo più scendere oltre, per cui non abbiamo più energia potenziale (\(U_2 = 0\)), ma abbiamo ancora movimento, cioè energia cinetica \(K_2\). Se l'energia totale deve essere la stessa, posso uguagliare i valori iniziale e finale:
\[K_2 = K_1 + U_1\]Questa ci dice che l’energia potenziale è scomparsa, trasformandosi in energia cinetica. Ricordando le formule dell’energia cinetica e dell’energia potenziale gravitazionale:
\[ \frac{1}{2}mv_1^2 + mgh = \frac{1}{2} mv_2^2 \]dove \(g\) è l’accelerazione di gravità, conosciuta e m la massa, quantità sconosciuta, che però compare in tutti i termini, quindi può essere semplificata (Galileo aveva ragione a dire che la massa di un corpo che cade non conta!).
Ora risolvo rispetto ad h ed ottengo:
Osserviamo la formula: l’altezza così ottenuta non dipende proprio dalla differenza delle velocità, ma dalla differenza dei loro quadrati: questo amplifica l’effetto! (Fare 4-2 è ben diverso da 16-4...)
Notiamo la dipendeza da \(g\) al denominatore: se fossimo sulla luna, con \(g\) minore, otterremmo un'altezza maggiore.
Bene, ora porto i dati nell'unità di misura necessaria (mantenendo le stesse cifre significative) e sostituisco nella formula:
ed ottengo il valore \(h = 2,88 \) m. Potrebbe sembrare poco, ma psicologicamente 3 metri in orizzontale sembrano meno di 3 metri in verticale (che poi corrisponde ad una rampa di scale...). Il problema semplice termina qui, con quello che cercavo.
E l'attrito?
In effetti ho fatto una grande semplificazione: mentre scendevo, sentivo aumentare il vento sul viso, quindi c’era attrito con l’aria. L’attrito è una forza dissipativa: una parte dell’energia totale viene trasformata in calore (non si sente perché, appena generato, viene portato via dall’aria stessa, ma il viso, la bici, ecc… si scalderebbero).
Quindi l’energia cinetica finale misurata è minore di quella che avrei avuto scendendo da quell’altezza se non ci fosse attrito. Quindi la velocità senza attrito avrebbe dovuto essere più grande, di conseguenza anche l’altezza. La conclusione è che l’altezza vera è maggiore di 2,88 metri!
Ma essendo una forza che non conserva l’energia, come posso usare proprio la conservazione dell’energia?
Introducendo un termine che tiene conto dell’energia dissipata! Meglio: devo sottrarre qualcosa all’energia totale. Ma quanto?
In generale, il calcolo preciso è un po’ complesso, ma vediamo come posso ottenerne una valutazione senza perdermi nella matematica. Devo supporre che non ci fosse vento (e mi pare fosse proprio così). La velocità è abbastanza alta per creare vortici d’aria (e si sentono!), per cui devo usare la dipendenza quadratica dalla velocità: la forza d’attrito è
\[F_\text{aria} = k v^2\]ed il coefficiente \(k\) ha una forma del tipo:
\[k = \frac{1}{2} C_a \rho A\]dove
- \(A\) è l'area (corpo + bici) che fa resistenza all'aria;
- \(\rho\) = 1,2 kg/m3 è la densità dell'aria;
- \(C_a\) è un coefficiente aerodinamico adimensionale che dipende dal corpo
Da alcuni siti specialistici sul ciclismo, trovo che un valore tipico per una postura eretta del ciclista è attorno a 0,45-0,55 kg/m. In effetti, l’area del corpo è attorno a 0,8-1,0 m2; il coefficiente aerodinamico è 0,5 per una sfera liscia: non essendo rotondo e nemmeno liscio, posso pensare a 0,8-0,9, introducendo la struttura della bici. Se uso questi valori, ottengo 0,55 kg/m, in linea con quanto trovato in rete. Decido di usarne uno intermedio: 0,50 kg/m.
Per trovare l'energia dissipata, devo calcolare il lavoro di questa forza, che ha sempre verso opposto alla velocità, quindi lavoro negativo:
\[L_a = \vec{F} \cdot \vec{s} = - Fs = kv^2 s\]dove s è lo spostamento durante la discesa. Però la velocità cambia al variare della posizione (è un moto accelerato!):
\[v = v(s)\]Devo allora sommare tutti i piccoli lavori per ogni tratto di percorso in cui possa considerare costante la velocità; in pratica, sto facendo il solito discorso per l’introduzione di un integrale:
\[L = -k \int_0^D v^2(s)\; d\! s\]dove \(d\! s\) è la lunghezza infinitesima di ogni spostamento e \(D\) è la lunghezza totale del tratto percorso. Peccato che la funzione \(v(s)\) non sia nota: è un moto accelerato con accelerazione non costante; dovremmo risolvere un'equazione differenziale nella velocità. Proviamo invece a proseguire con meno complicazioni.
Se la velocità fosse costante, potremmo portarla fuori dall’integrale, che diventerebbe semplice (avremmo la lunghezza \(D\)). Un buon valore costante è la media; però la velocità compare al quadrato, per cui inseriamo la media dei quadrati:
Così il lavoro diventa
\[L = -k v_m^2\int_0^D \; d\! s = -k v_m^2 D\]Però non ho misurato la lunghezza \(D\) della discesa; a occhio, ricordo che poteva essere attorno a 12-15 metri. Per controllare che sia un numero coerente, provo a calcolare l'inclinazione corrispondente:
\[ D \sin \alpha = h \quad \Rightarrow \quad \sin \alpha = \frac{h}{D} \simeq 0.22 \]e la calcolatrice mi dice che siamo attorno ai 12°, che corrisponde ad una pendenza di di circa 20%. È un po' grande, ma ricordo che la disceca era ripida, anzi, è stato questo a spingermi a voler calcolare l'altezza! Quindi la supposizione è coerente: inserisco i dati e calcolo l'energia dissipata:
\[ L = - (0,50\, \text{kg/m}) (53,8\, \text{m}^2 / \text{s}^2) (15\, m) \simeq -400\, \text{J} \]Questa è l’energia che deve essere tolta dall’energia totale; l’equazione di prima diventa (\(h'\) è la nuova altezza)
\[ \frac{1}{2}mv_1^2 + mgh' + L = \frac{1}{2} mv_2^2 \]Questa volta non posso semplificare la massa: suppongo che tra il mio peso e quello della bici elettrica, la massa sia attorno ai 100 kg; risolvendo rispetto ad \(h'\) si ha:
\[ h' = \frac{v_2^2 - v_1^2}{2g} - \frac{L}{mg} = h + \frac{|L|}{mg} \]Ho esplicitato che il lavoro è negativo, per mostrare che si tratta di una aggiunta; la differenza è data dal termine:
\[ \frac{|L|}{mg} \simeq 0,41\, \text{m} \]Quindi, con l'attrito, la stima passa da 2,9 a 3,3 metri; una correzione del 14%.
Controllo
Ora si tratta di vedere se le approssimazioni fatte hanno senso. Se avessimo voluto essere più precisi, avremmo dovuto risolvere l'equazione differenziale ottenuta dalla legge fondamentale \(F = ma\):
\[ k v^2 - mg \sin\alpha = m \frac{dv}{dt} \]che fornisce una funzione \(v(s)\) del tipo riportata in figura (ho usato i dati dell'esperimento - in orizzontale la posizione della bici lungo la discesa, in verticale la velocità).
Notiamo due cose:
- La rapidità di crescita della velocità (cioè l'accelerazione) diminuisce con l'aumento della distanza tendendo ad un valore limite, come atteso;
- per brevi tratti, in particolare entro i 15 metri iniziali, la velocità cresce in modo praticamente costante; ha quindi avuto senso considerare la media.
L'importanza dell’effetto cambia se consideriamo un range di velocità diverse, per esempio per un’auto, dove l’amplificazione dovuta al quadrato delle velocità si fa sentire. Se poi il coefficiente aerodinamico diventa grande (per un paracadutista, per esempio), la velocità limite viene raggiunta più rapidamente e le approssimazioni fatte non valgono più.
Per completare il controllo e confermare il grafico qui sopra, posso trovare la velocità limite: viene raggiunta quando la componente della forza peso lungo la discesa uguaglia la forza d'attrito:
\[ mg \sin\alpha = k v^2 \quad \Rightarrow \quad v = \sqrt{\frac{mg}{k}\sin\alpha} \simeq 20\, \text{m/s} \]Nel nostro caso siamo ben distanti da questo limite e le approssimazioni fatte continuano ad avere senso.
Riassumendo
Ho prima applicato la conservazione dell’energia al compito semplice di trovare l’altezza da cui sono sceso. Poi ho provato a raffinare la misura, introducendo la resistenza dell’aria. Mancandomi dei dati, ho provato a dare una loro valutazione, facendo attenzione di ottenere dati sensati e controllando che non andassero contro le approssimazioni fatte. In questo modo, sono arrivato ad un risultato approssimato ma coerente.
I fisici sono spesso rimproverati di vivere in un mondo fatato, senza attrito; ho appena mostrato che la Fisica ha i mezzi per trattare bene l’attrito: se però lo si introduce già all’inizio:
- si rischia di perdere di vista i concetti fondamentali, senza vedere le leggi più grandi che governano la realtà;
- a parte casi particolari, in cui si cerca precisione, il trascurare l’attrito non crea grandi differenze.
Auguro a tutti delle belle passeggiate in bici: alla prima discesa, sapete cosa fare!
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